PSICO NEURO ENDOCRINO IMMUNOLOGIA (PNEI)
La prima necessità è di comprendere come corpo e mente comunichino e, di conseguenza, si possano infuenzare.
L’idea che l’organismo umano, quindi salute e malattia, debbano essere valutati nella loro complessità è antica quanto la medicina.
Nonostante basi alquanto comuni, la scienza medica orientale e occidentale hanno seguito strade molto diverse; quella orientale, a suo modo è rimasta invariata, mentre quella occidentale ha dato vita ad una visione parcellizzata dell’organismo.
La risposta, all’interno del nostro modello biomedico è la PNEI, che studia l’organismo nella sua interezza e nel suo fondamentale rapporto con l’ambiente.
Varie scoperte si sono alternate, e circa venti anni fa, un nuovo punto di vista ha portato a considerare il sistema immunitario come “sesto senso interno”, che dialoga con il sistema nervoso, centrale e periferico e quello endocrino, con l’obiettivo di mantenere l’equilibrio della salute.
Le emozioni sono un insieme di risposte neurali e chimiche, che hanno il compito di proteggere l’organismo; produrre una reazione specifca verso uno stimolo induttore, interno o esterno, e di conseguenza regolare l’ambiente interno in modo da prepararlo a un’azione specifca.
La disregolazione del sistema dello stress, per portare solo un esempio, da parte di emozioni, traumi ed eventi stressanti, altera potentemente l’assetto e il funzionamento del sistema immunitario.
Principi scientifci della PNEI
Reazione di allarme, perturbamento dell’omeostasi, stress, sono i concetti della punta avanzata della scienza del suo tempo che, H. Selye, mise in opera per spiegare i suoi esperimenti.
Dopo innumerevoli sperimentazioni, si concluse di essere di fronte all’attivazione di una risposta biologica fondamentale, indipendente dal tipo di stressor, che consisteva nella risposta di un asse vitale, legato a due ghiandole endocrine: ipofsi e surrene.
Chiamò i sintomi e la modifcazione biologica conseguente, “sindrome generale di adattamento”.
Lo stress è un adattamento dell’organismo a una richiesta di modifcazione della sua omeostasi.
Negli anni ’60, le ricerche della giovane neuroendocrinologia portarono alla scoperta di peptidi nel cervello (neuropeptidi), e, successivamente, numerosissime ricerche, pubblicate su prestigiose riviste scientifche, cominciano ad aprire nuovi orizzonti nella comprensione della fsiologia umana.
Per chiarire alcuni concetti, iniziamo a defnire:
- neurotrasmettitori, che comprendono serotonina, dopamina, acetilcolina, norepinefrina, e trasmettono informazioni nel cervello tra un neurone e l’altro.
- steroidi, che comprendono gli ormoni sessuali: testosterone, progesterone ed estrogeno. Nascono da uno stato iniziale di colesterolo, e attraverso un processo enzimatico, si specializzano.
• peptidi che sono molecole, formate da frammenti di proteine, gli amminoacidi, o ancora meglio, da stringhe di amminoacidi.
I peptidi sono un vero e proprio secondo sistema nervoso, di carattere
biochimico, che agisce a livello cellulare su piani spaziali e temporali molto ampi, mettendo in collegamento i vari apparati fsiologici dell’organismo, dal momento che i recettori possono trovarsi in tutto il corpo, con maggiori o minori concentrazioni.
Soprattutto gli studi di W. Cannon e H. Salye sul simpatico e sull’asse endocrino dello stress, hanno aperto la possibilità di dare una rappresentazione scientifca tra emozioni, salute, malattie.
Gli studi portano a considerare il sistema neurovegetativo coinvolto anche in funzioni sensoriali, considerando che il nervo vago, che è la più grande via di trasmissione del parasimpatico, è anche la maggiore via afferente, che porta informazioni sensoriali (dolore incluso) dagli organi al cervello.
Ancora più importante, è che queste fbre lavorano all’interno di una rete orizzontale, incontrando fbre nervose sensoriali, cellule immunitarie e vasi sanguigni.
Proprio qui si realizza un dialogo tra neuropeptidi, citochine e altre sostanze atte a regolare l’attività delle fbre simpatiche e parasimpatiche, infuenzando potentemente l’attività del sistema immunitario, al punto che è ampiamente documentato il ruolo infammatorio che le fbre nervose periferiche possono svolgere in determinati contesti.
Gruppi di ricerca statunitensi hanno ripetutamente dimostrato che i processi decisionali e di memorizzazione, dipendono, in modo determinante, dal circuito limbico, e cioè dalle aree cerebrali che elaborano le emozioni fondamentali.
Queste rappresentano la nostra storia evolutiva come mammiferi sociali, la risposta ancestrale alle sfde ambientali, entrando nei processi decisionali che producono comportamenti.
In questo senso, è scientifcamente assodato che siamo un impasto di emozioni e coscienza, e la PNEI vede l’uomo come un network che mette in comunicazione dinamica tutti questi elementi, osservandone l’individuale risposta per valutarne lo stato vitale.
Oltre ai neuroni troviamo altre cellule nervose come quelle gliali, che svolgono funzioni metaboliche, di difesa immunitaria e di rigenerazione del tessuto nervoso.
La glia è spesso coinvolta nei dolori neuropatici, basti a pensare a traumi che vedono coinvolta la rete nervosa attorno ai vasi sanguigni, e i nervi colpiti tendono a rigenerare in modo casuale (sprouting), attivando le cellule gliali del midollo spinale; da qui vengono attivati processi infammatori molto profondi.
Gli astrociti sono coinvolti nel processo sinaptico: la comunicazione avviene grazie al neurone pre-sinaptico, quello post-sinaptico e l’astrocita li avvolge e collega, a spirale.
Gli oligodendrociti sono caratterizzati da un citoplasma che funge da rivestimento mielinico delle fbre nervose, che ha il compito isolare la fbra dalle altre, per evitare un “cortocircuito”.
CONCLUSIONI
Il lavoro sulla consapevolezza, sulle emozioni e possibilmente legato al corpo, è in grado di portare a livello cosciente alcune di queste “decisioni” interne, per poterle modifcare.
Le scoperte di Ed Blalock, riguardanti la produzione di endorfne da parte dei linfociti, spinsero la ricerca al collegamento tra “stato mentale” e sistema immunitario.
Se possiamo trovare neuropeptidi nel sistema immunitario, e immunopeptidi nel sistema nervoso, è perché esiste una comunicazione a doppio senso.
Oltre all’ipotalamo (già si sapeva), i recettori di immunopeptidi li troviamo anche sulla corteccia, sulle cellule gliali e sulla Dura Madre, ma, sconvolgente, in tutto il corpo.
Questa è una sicura conferma della comunicazione diretta tra sistema immunitario, sistema nervoso, sistema endocrino e cervello.
Schmitt defnì il complesso di queste sostanze chimiche come “sostanze informazionali”, e all’improvviso le linee di collegamento fra cervello e corpo si moltiplicano all’infnito.
La distribuzione di “sostanze informazionali” all’interno del sistema nervoso ha una portata estremamente vasta, creando, di fatto, il sistema biochimico di espressione delle emozioni.
Poiché il corpo s’identifca con l’inconscio, i traumi causati da una sovrabbondanza di emozioni possono restare immagazzinati in una parte del corpo, infuenzandone direttamente la percezione.
Parlando dell’attore primario, ovvero l’asse dello stress, se nel breve periodo il cortisolo, l’adrenalina, e la noradrenalina (presente nei tessuti fasciali con il
nome di catecolamine) hanno un effetto tonifcante anche sull’immunità, nel medio e lungo termine collocano la risposta immunitaria su una posizione inadatta a combattere la generalità delle aggressioni.
Questo squilibrio può portare addirittura allo sviluppo di malattie autoimmuni, numerosi studi riguardano, ad esempio, l’artrite reumatoide.
La psiche gioca un ruolo importante sia nella genesi, che nella terapia; la depressione, ad esempio, si accompagna sempre a un’attivazione immunitaria di tipo infammatorio, attraverso le citochine infammatorie, e la depressione in corso di artrite reumatoide non è un fenomeno secondario, ma un aspetto dello stesso processo patologico.
Recenti studi dimostrano che patologie come l’aterosclerosi, concepite come eccesso di colesterolo nel sangue, sono condizionate dall’umore: la depressione, con la sovrapproduzione di cortisolo e catecolamine, contribuisce ad alterare la parete interna dei vasi.
Come documenta un recente lavoro di un importante gruppo di ricerca, vi è anche una relazione diretta tra depressione e osteoporosi, perché la depressione, aumentando i livelli di corticotropina (CRH) riduce l’attività degli ormoni sessuali, l’ormone della crescita (GH) stimolando potenti fattori di riassorbimento dell’osso come il cortisolo e citochine infammatorie.
E da qui, potremmo fare migliaia di esempi ma rimando a studi e testi che trattano quest’argomento in maniera specifca.
(A. Discenza, tratto dal libro “Molecole di Emozioni” di Candace Pert).